Il complesso religioso dei Santi Naborre e Felice è stato una delle più antiche e importanti sedi di stanziamento e diffusione del cristianesimo cittadino fin dai primi secoli dell’era Cristiana, ricoprendo forse il ruolo di prima sede episcopale della città. Oggi celato dalla cortina edilizia di via San Felice, l’abbadia si affacciava direttamente sulla via Emilia, maggiore arteria di traffico cittadino, raggiungendo grande prestigio come monastero Benedettino intorno all’anno Mille, e assumendo diverse funzioni assistenziali e monastiche prima di venire convertito in caserma e ospedale militare sotto la Repubblica Cisalpina alla fine del XVIII secolo.
Rimasto per più di un secolo sotto la competenza del Ministero della Difesa l’immobile, venuta meno l’iniziale strumentalità, è stato ceduto al Demanio Militare, che offre oggi al Comune di Bologna la possibilità di convertire gli spazi dell’abbazia, anche previa acquisizione. L’Associazione Planimetrie Culturali, in attesa che si creino le condizioni per ufficializzare un accordo tra le parti, prevede il suo recupero secondo un programma di attività sociali e culturali con l’obiettivo di accompagnare le istituzioni e le organizzazioni (pubbliche, private; profit e non-profit) in un percorso progettuale condiviso: il Distretto Popolare Evoluto (DPE).
Il complesso presenta le caratteristiche morfologiche tipiche della tipologia monasteriale: spazi introversi rispetto ai fronti strada di varia cubatura, distribuiti tramite collegamenti verticali maniche orizzontali attorno alle ampie corti e cortili interni caratterizzati, in questo caso, da una forte presenza di verde urbano. Come molti complessi storici passati convertiti a funzione militare, l’ex caserma “Gucci” presenta ambienti di grande pregio contrapposti a volumi incongrui e di scarso valore o spazi in forte degrado e inaccessibilità. Il progetto, vista la complessità e le dimensioni dell’edificio, suggerisce una “bonifica” progressiva attraverso la ripartizione di funzioni temporanee capaci di espandersi ed articolarsi nel tempo, con lo scopo di sperimentare la capacità del luogo di accogliere nuove destinazioni per la città futura. Viene proposto un percorso tematico principale, che dall’entrata su via dell’Abbadia collega le corti interne distribuendo e ottimizzando spazi e funzioni.
Il DPE si divide così in quattro macro aree-obiettivo: l’Area del turismo sociale, l’Area del welfare, l’Area d’incubazione d’impresa e l’Area del distretto culturale. Servizi come bar, ristorazione, reception e osteria sono allocati strategicamente per aumentare il carattere di fruibilità pubblica e di presidio del complesso.