Masterplan di una nuova città da 30.000 abitanti, chiamata VEMA

Questo progetto urbano è stato in primo ad essere esposto in anteprima in occasione dell’inaugurazione ufficiale del nuovo padiglione italiano alla 10° Biennale di Architettura di Venezia. E ‘stato intitolato: "La Città Nuova. Italiay-2026. Benvenuti a VEMA". L' "y" nel titolo è stata pensata per suggerire la lettura subliminale "Italy", come un prolungamento del paese al di fuori dei propri confini, una trascendenza creativa che si sta rivelando sempre più necessaria. Il tema proposto da Franco Purini, con Margherita Petranzan, Nicola Marzot e Livio Sacchi, è la progettazione di una nuova città.

Una "nuova" città che è anche una città "ideale", una città innovativa ed "utopica" - derivata da un'utopia di Ernesto Nathan Rogers - vicina all’incrocio dei corridoi ferroviari europei Lisbona-Kiev, Berlino-Palermo. Questa città, situata tra Verona e Mantova, sarà chiamata VEMA e sarà progettata da venti architetti o gruppi di architetti di età compresa tra i trenta e i quarant'anni, che affronta un vasto numero di questioni, tra cui la casa, il luogo di lavoro, il corpo, l’arte, le infrastrutture, i media, la natura, il tempo libero e l’energia. In un tentativo di mettere insieme i temi della sostenibilità e la necessità di riconfermare il ruolo essenziale dello spazio pubblico, anche a livello di "immagine". VEMA aspira, entro i limiti della simulazione virtuale, di essere un esperimento totale che ri-esplora ogni aspetto della pianificazione urbanistica. Agli architetti invitati a lavorare per la città è stato fornito un piano concepito dai curatori, molto semplice e flessibile, un modello basato sulla alternanza di bande parallele di spazi verdi e aree costruite, intersecati da un’altra banda di verde che corre lungo il confine tra la Lombardia e il Veneto ed una rete di strade affiancate ai canali di collegamento tra il Mincio e il Po, VEMA ricapitola e ridisegna il mondo urbano della pianura padana in una struttura più complessa e intricata, espressione di una dinamica di livello europeo e mondiale; il mondo urbano in questione è caratterizzato da marcate omogeneità ambientali e architettoniche, anche se questo è sempre contraddetto da sottili differenze e animato da potenti caratteristiche monumentali.

La struttura della città, sulla base di un rettangolo d’oro (misura 2260 metri da 3700 metri) ed è progettata per una popolazione di circa 30.000 persone, incorpora una serie di pre-esistenti strade ed edifici, che aspirano a radice del contesto locale assieme alle sue strutture, trame e fonte di espressione per il nuovo. La decisione di proporre un progetto aperto e in evoluzione ha creato il desiderio di evitare di offuscare l’architettura con un piano urbano troppo forte, così come il desiderio di lasciare i progettisti completamente liberi di introdurre varianti, alternative, integrazioni, e ibridazioni nel piano. Sul piano più architettonico, i venti gruppi sono stati invitati a preparare soluzioni, che potrebbero servire da modelli tipologici e linguistici, con sofisticate soluzioni basate su significative accelerazioni di temi, una eterotopica deviazione deliberata e su una vasta ricerca di elementi che è possibile trarre da altre discipline. Gli architetti sono stati inoltre invitati a scegliere gli artisti con i quali sentono un’affinità e di coinvolgerli nei loro progetti, al fine di riaffermare la contiguità tra arte e architettura.

Si deve aggiungere che un altro obiettivo di VEMA è quello di combattere lo "sprawl", per sostituire la rampante proliferazione indifferenziata di case, capannoni e centri commerciali al fine di creare un’entità urbana riconoscibile che potesse favorire nuove relazioni con le aree circostanti, ed articolando il potenziale inespresso di quelle che già esistono nella pianura padana.